Murray Bookchin, Democrazia diretta, idee per un municipalismo libertario, Eleuthera, Milano, 1993
In questo lungo crepuscolo della democrazia rappresentativa, l'idea stessa di politica - un tempo partecipazione attiva di un'intera comunità alla vita sociale - rischia di perdere ogni rilevanza proprio perché è stata ridotta a mera tecnica dell'organizzazione statuale, oltretutto affidata a gruppi di "professionisti" - politici, certo, ma anche burocrati, magistrati, militari, ecc. - che praticano una forma di manipolazione istituzionale detta "governo". Ma così si rischia di perdere anche il senso di ciò che significa essere cittadini, uno status ormai confuso con l'essere semplici elettori e contribuenti, ovvero ricettori passivi di beni e servizi forniti da uno Stato onnipotente e pervasivo. Tuttavia questa deriva non è affatto irresistibile, ci dice Bookchin, che mostra come siano esistite ed esistano concrete alternative alla statualità, in grado di opporsi alla dissoluzione della comunità e allo smarrimento del senso di cittadinanza che questa ha prodotto. Ne esce un piccolo manuale di democrazia diretta, decentramento amministrativo e federalismo, rivisitati alla luce degli ultimi cento anni di storia sociale.
dal sito https://www.eleuthera.it/files/materiali/democrazia_diretta_indice.prefazione.pdf
è scarivabile senza onere alcuno la prefazione di Salvo Vaccaro. Communalism e la terza rivoluzione
Riscontro alcune riflessioni
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Il Communalism, quindi, si propone come una teoria politi- ca che raccoglie l’eredità della spinta collettiva di una politica rivoluzionaria, adottando pratiche libertarie che prevengano e neutralizzino le derive fisiologiche connesse alla chiusura statuale, elitaria (non importa se di classe, di partito o quant’altro), in ultima analisi gerarchica e autoritaria. «Il Communalism rap- presenta una critica della società gerarchica e capitalista nel suo insieme». Di questa lunga e nobile tradizione, bacata sin dalla fonte come preconizzato dal dissidio Marx-Bakunin nella Prima Internazionale e come testimoniato dalle critiche anarchiche in tempo reale al sovietismo leninista della Rivoluzione russa, a Bookchin interessa principalmente la dimensione collettiva della trasformazione sociale e politica, giacché non può esistere alcuna proposta politica che non sia collettiva nel suo respiro e nel suo protagonismo. E con ciò Bookchin ci invita a distinguere sempre e comunque una dimensione della politica potenzialmente estranea, differente e conflittuale con una dimensione statuale, sempre in agguato per catturarla e appiattirla su di essa.
...Beninteso, quando il Communalism bookchiniano insiste sui processi storici di mutamento delle forme di vita associate offre idee per il presente e non mere ricostruzioni accademiche, invi- tando ognuno a decostruire immaginari sedimentati in pratiche ordinarie di esistenza avvilente, per ricostruire immaginari ine- diti da colmare in pratiche alternative di vita, di produzione, di associazione, di consumo, di affettività, e via continuando. Ma con la consapevolezza che tale duplice fatica acquista senso se diviene comune, ossia condivisa, partecipata, collettiva. In altri termini, la diffusività di una trasformazione sociale dal basso che ripudia la via istituzionale, utile solo al ricambio delle élite dominanti, non significa un auto-compiacimento di una micro- politica interstiziale e resistente, quanto la destituzione (di sen- so nell’immaginario simbolico quotidiano, ma anche di presa efficace sulle esistenze) e la contestuale espansione di ambiti di empowerment a livello societario, incluso la gestione quanto più possibile autonoma di territori di vita in comune, beninteso in una conflittualità altrettanto diffusa socialmente, immune dalle seduzioni della politique politicienne
consultare anche
https://comune-info.net/murray-bookchin/
https://www.openstarts.units.it/bitstream/10077/10809/1/Cossutta_1_TIGOR_XII.pdf
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